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Se ben concepite, le mascherine lavabili in stoffa svolgono adeguatamente la loro funzione protettiva. Il nostro test dimostra che sono disponibili sul mercato prodotti che danno la stessa efficacia delle mascherine chirurgiche. Sono quindi un’ottima alternativa alle mascherine chirurgiche usa e getta perché hanno un minore impatto ambientale. Bisogna però introdurre uno standard minimo di efficacia e un logo che permetta al consumatore di riconoscere quelle che aderiscono ai requisiti. Lo abbiamo chiesto ufficialmente al ministero della Salute.
Le mascherine lavabili in tessuto, dette anche mascherine “di comunità”, sono oggetto di grande dibattito. Molti, infatti, le considerano una sottocategoria poco rassicurante di quelle certificate, sebbene ci siano diversi studi che hanno dimostrato come anche le mascherine di tessuto lavabili, se ben concepite, possono essere in grado di proteggere come le mascherine chirurgiche. Uno scetticismo dovuto anche alla mancata definizione di uno standard di qualità riconoscibile dal consumatore in etichetta.
Per capire come stanno le cose abbiamo svolto un test su 6 nuove mascherine riutilizzabili che rivela prestazioni ottime per queste mascherine lavabili presenti sul mercato italiano. Un’ottima notizia per l’ambiente: se per andare a scuola, al lavoro o a fare la spesa, tutti usassero questi prodotti al posto delle mascherine usa e getta si risparmierebbero ogni giorno tonnellate di rifiuti di plastica destinati agli inceneritori e si inquinerebbe meno il pianeta. Inoltre ne beneficerebbero anche le nostre tasche: con un prodotto lavabile, a seconda del numero di lavaggi concessi, è possibile risparmiare anche rispetto ai pacchi da 50-100 mascherine chirurgiche usa e getta.
Scopri i risultati del test
Abbiamo portato in laboratorio altre 6 mascherine lavabili acquistate in farmacia, online e in altri negozi. Le abbiamo scelte cercando di coprire tutto lo spettro di mascherine che si trovano in vendita sia come tessuti (cotone, poliestere elasticizzato, Tnt...), sia come forme (con e senza cuciture, con pieghe centrali...), sia come prezzi (la mascherina meno cara del nostro campione costa poco più di due euro, quella più cara oltre 30 euro).
Abbiamo sottoposto tutti i prodotti a una serie di prove, tra cui le due prove principali utilizzate per certificare le mascherine chirurgiche usa e getta
Abbiamo effettuato diverse prove, sia in laboratorio, sia sottoponendo i prodotti a una giuria di esperti.
Per quanto riguarda la capacità filtrante, abbiamo dato la sufficienza alle mascherine che bloccano almeno il 70% delle goccioline; un giudizio buono a quelle che filtrano l’80% e ottimo quando la soglia è del 90%, seguendo le indicazioni per le mascherine di comunità del Comitato europeo di normazione Cen. Queste soglie, sebbene leggermente inferiori rispetto alla soglia stabilita per certificare le mascherine chirurgiche (94%), sono ampiamente sufficienti per garantire protezione in un contesto diverso da quello ospedaliero (gli operatori sanitari, infatti, per la natura della situazione e del luogo in cui operano e per il fatto che lavorano a contatto con i malati senza distanziamento hanno bisogno di una protezione maggiore).
Capacità filtrante e respirabilità sono state valutate sia nel prodotto nuovo sia dopo 5 lavaggi: il lavaggio, infatti, potrebbe modificare in qualche modo la struttura del tessuto e non garantire più le stesse prestazioni. Abbiamo scelto questo numero di lavaggi come requisito minimo, ma dovrebbe essere il produttore a indicare quante volte il prodotto può essere lavato senza perdere di efficacia.
La qualità di una mascherina è data dal connubio tra la capacità filtrante e la respirabilità. Non è sufficiente che abbia una capacità filtrante superiore, serve anche che sia abbastanza traspirante per permetterci di respirare senza difficoltà. Tra le mascherine analizzate, quelle che sono salite ai primi posti della graduatoria hanno centrato l’obiettivo, garantendo una buona capacità filtrante pur lasciando respirare agevolmente chi le indossa.Tutte e 6 le mascherine hanno prestazioni analoghe alle chirurgiche. Alcuni prodotti testati in precedenza, pur ottenendo giudizi lusinghieri sulla capacità filtrante, sono stati penalizzati dalla scarsa permeabilità all’aria. Chi li indossa sarà portato a respirare dalle fughe o ad adottare altri stratagemmi per evitare il disagio, minandone l’efficacia. L’aria passa dalle fughe laterali o accanto al naso senza essere filtrata oppure se ci si sente affaticati si tende a toccare la mascherina, abbassarla, indossarla male non aderente o addirittura sotto il naso.
Non esistono a priori materiali più o meno efficaci: le performance dipendono dalla compattezza del tessuto, dal numero di strati sovrapposti e da alcuni dettagli costruttivi.
In generale, anche dopo il lavaggio le prestazioni sono mantenute, in alcuni casi addirittura migliorate. Nel nostro campione ci sono prodotti che garantiscono un elevato numero di lavaggi, il che è un vantaggio anche in termini di produzione di rifiuti. Abbiamo trovato diversi prodotti, anche economici, che garantiscono almeno 30 lavaggi: possono essere utilizzati per un mese intero lavandoli tutti i giorni.
Per quanto riguarda l’etichetta, in generale sono migliorate le informazioni sull’utilizzo e il lavaggio. In un caso però c’è un po’ di ambiguità e la mascherina sembra dare indicazioni fuorvianti per il consumatore. Tuttavia l’etichetta dice molto poco sull’efficacia del prodotto, perché non esiste in Italia uno standard di qualità con un logo riconoscibile per questo tipo di mascherine.
A volte l’etichetta è troppo minimale: sulla frequenza di lavaggio, per esempio, in un solo caso abbiamo trovato delle indicazioni esaustive. Le temperature di lavaggio consigliate sono molto variabili, così come la possibilità o meno di candeggiare e stirare.
Sarebbe utile anche una indicazione chiara sulla taglia: molti dei prodotti ora sul mercato sono disponibili in più taglie.
Sul mercato italiano ci sono mascherine lavabili di comunità che offrono prestazioni buone se non addirittura ottime che, se fossero maggiormente utilizzate e consigliate, permetterebbero di porre un freno all’aumento esponenziale dei rifiuti causati dalle mascherine usa e getta, garantendo comunque un’adeguata protezione.
Tuttavia è necessario un nuovo inquadramento per questi prodotti, perché oggi i cittadini sono in balìa di un mercato poco chiaro in cui si trova di tutto e non ci sono indicazioni in etichetta. Lo avevamo segnalato con una lettera al ministro Speranza e al presidente dell’Istituto superiore di sanità Brusaferro chiedendo che il Governo introduca requisiti minimi di efficacia anche per le mascherine “di comunità” lavabili e riutilizzabili, che garantiscano ai cittadini una buona capacità di filtrazione e di respirabilità. E che questi requisiti siano facilmente identificabili grazie a un logo univoco da stampare in etichetta, in linea con quanto accaduto in altri Paesi europei.
La mascherina deve aderire bene al volto, coprire naso e bocca, non lasciare spazi aperti a livello delle guance o sui lati del naso. Deve essere comoda da portare, non tirare o stringere, non scivolare, perché una volta indossata non dovrebbe essere toccata, sistemata, abbassata. Non c’è un modello che sia in assoluto migliore di un altro, l’importante è che vesta e copra per bene: ovviamente non è possibile provare la mascherina prima dell’acquisto, ma individuato il modello che fa per noi è più facile orientarsi ed eventualmente adattarle per aumentarne comfort ed efficacia.
Lo spessore e la morbidezza degli elastici sono importanti, sia per il comfort, sia per la facilità di “aggiustarne la lunghezza” con eventuali nodi. Il modello con i laccetti permette di regolare meglio la lunghezza, ma può essere un po’ più scomodo soprattutto per chi porta gli occhiali. In alternativa esistono i prodotti che hanno elastici più lunghi che passano dietro la testa e la nuca.
Le mascherine in tessuto possono essere fatte in casa. Basta avere una macchina da cucire (ma anche saper cucire il punto dritto a mano) e usare uno dei numerosi tutorial gratuiti che si trovano online. Servono due-tre piccoli quadrati di tessuto (20 x 20 cm), filo da cucire e due pezzetti di elastico piatto da 20 cm per fare le asole da infilare dietro l’orecchio. Si possono preparare anche senza cucire, ripiegando in tre un grande quadrato di tessuto e infilando nelle pieghe laterali due grandi elastici circolari, come quelli da cancelleria (anche per queste esistono molti tutorial su internet).
La questione è delicata: bisogna trovare un tessuto abbastanza fitto da trattenere bene le particelle di saliva, ma anche abbastanza traspirante da poterlo effettivamente indossare sulla bocca senza sentirsi soffocare. Un buon equilibrio tra comfort e protezione è necessario anche per far sì che la mascherina venga indossata nella maniera più corretta e senza essere continuamente abbassata o toccata. Alcuni test condotti negli Stati Uniti sui principali tessuti di uso comune, come il cotone, la seta e la flanella di cotone, hanno fornito valide indicazioni sul loro potenziale di filtrazione. Questo studio appena pubblicato su ACS NANO, la rivista dell’associazione americana dei chimici, per esempio, fornisce molte risposte interessanti sulla capacità di filtrazione dei principali tessuti di uso comune e sull’efficacia protettiva delle mascherine. Un tessuto di cotone a trama fitta (come il percalle usato per le lenzuola o il cotone delle camicie da uomo, il jersey delle t-shirt e la flanella) è la scelta migliore per confezionarle, ma bisogna sempre sovrapporre almeno due/tre strati di materiale. Attenzione, quindi, a non utilizzare tessuti troppo leggeri, evitando garze o lini a trama rada che mancherebbero lo scopo di trattenere le nostre secrezioni, e a sovrapporre più strati di tessuto (meglio infilando in mezzo uno strato di altro materiale, come la carta).
La mascherina dovrebbe essere lavata sempre a fine della giornata. Per garantire la rimozione di eventuale virus e batteri basta un lavaggio in lavatrice a 30 °C, oppure un lavaggio a mano in acqua calda con poco di detergente. Non occorrono disinfettanti e igienizzanti. E sufficiente asciugare all’aria aperta, meglio ancora se al sole. Alcuni prodotti possono essere candeggiati e stirati, cose che può ulteriormente garantire sanificazione, ma non sono trattamenti strettamente necessari. Alcuni produttori di mascherine di stoffa suggeriscono l’uso di igienizzanti: anche questi però non sono strettamente necessari. Per lavare una mascherina non serve fare un bucato a parte né utilizzare temperature elevatissime, né aggiungere additivi, altrimenti si perde tutto il vantaggio ambientale del prodotto lavabile rispetto all’usa e getta. Pensare all’ambiente infatti non è solo ridurre i rifiuti, ma risparmiare energia e inquinanti non necessari.
Con i lavaggi è possibile che gli elastici si allentino o si rovinino e quindi la mascherina perda in vestibilità e aderenza: in questo caso bisogna cambiarla o sostituire gli elastici. Poiché è un prodotto che serve a tutelare la salute, meglio sostituire la mascherina se non torna pulita dopo il lavaggio, non veste bene o se presenta dei difetti.
Chiamaci Dal lunedì al venerdì 9.00-13.00 / 14.00-17.00
Il nostro ruolo nel mercato
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